Può apparire strano voler parlare di Don Luciano come “uomo di cultura”. Lo abbiamo conosciuto tutti come persona semplice, che sapeva parlare a tutti nel linguaggio che essi potevano capire: non aveva per nulla l’aspetto del “professore”, la figura che ci viene subito in mente, quando si parla di “cultura”. Potremmo ricordare che Don Luciano è stato per tutto il corso dei suoi studi,dalle elementari agli studi teologici, sempre fra i migliori, e che è stato anche “professore” nel seminario diocesano. Ma non è di questo ora che io voglio parlarvi. Ho avuto la sorte di contare Don Luciano fra i miei alunni all’IRPP , e quella di dover recuperare e mettere al sicuro la sua biblioteca nel santuario. Questo mi ha dato occasione di potermi render conto che D. Luciano non soltanto aveva un’intelligenza vivace e penetrante, ma che nel corso degli anni aveva accumulato una sua particolare cultura secondo scelte di interessi e metodi che erano suoi propri. Fra i suoi libri, ho potuto rilevare la cura con cui egli ha conservato i testi dei suoi studi scolastici, che portavano i segni di un uso che è durato anche quando gli studi erano terminati (e gli studenti comuni sono ben felici di non essere più obbligati a prendere in mano quei libri sui quali han dovuto sudare tanto da prenderli in odio. Fra i libri che Don Luciano ha continuato a comprare e non per riempire gli scaffali della sua libreria, ma per leggerli e rileggerli, possiamo distinguere varie categorie:
- libri di pietà e formazione sacerdotale. Sono quelli che portano i segni di un uso intenso e prolungato. Alcuni di essi sono ormai sfasciati e consumati…
- libri di aggiornamento teologico, ed è in particolare di sacra scrittura, da questo appare come Don Luciano fosse attento a seguire il dibattito teologico ed i progressi delle scienze bibliche. Nei colloqui che ho avuto con lui, dimostrava sempre una sicura perspicacia nel distinguere l’autentico progresso dalla pericolosa ricerca di una novità non appoggiata dalla tradizione.
- Vite di Santi, resoconti di esperienze religiose e di rivelazioni private. Per esempio, tutta l’opera di Maria Valtorta, i volumi del “Movimento Sacerdotale Mariano” (La Madonna ai suoi sacerdoti prediletti)
- Un settore apparentemente “profano” (non era tale per Don Luciano) è quello della Storia locale. Era molto interessato a conoscere anche nei particolari le vicende della terra dei tre comuni (Castel San Pietro, Medicina e Castel Guelfo) e per documentarsi su queste vicende era riuscito a procurarsi anche alcuni libri piuttosto rari, ora conservati nella biblioteca del Santuario
- Un ultimo settore, fra i libri acquistati da Don Luciano,è rappresentato da quelle opere che egli negli ultimi anni acquistava dagli studenti del terzo mondo che cercavano di procurarsi i mezzi per mantenersi in Italia e proseguire gli studi girando per le case e vendendo libri. Egli li comprava mosso dal desiderio di aiutare questi ragazzi, più che per bisogno proprio. Diceva poi “potranno servire ai ragazzi che frequentano il santuario per le loro ricerche scolastiche”. Ricordo che dopo acquistato piuttosto a caro prezzo una enciclopedia, me ne portò quasi vergognandosi di aver speso tanti soldi. Per il momento, l’aveva nascosta in camera sua.
La volontà di Don Luciano di tenersi aggiornato, soprattutto negli studi teologici si manifestava anche nel fatto che egli frequentava, con inesauribile desiderio di apprendere, tutti i corsi che si svolgevano in diocesi, ed anche fuori diocesi, per la formazione culturale dei sacerdoti. Ho accennato al fatto che egli frequentò anche l’Istituto Regionale di Perfezionamento Pastorale (IRPP) nel Seminario Regionale in Bologna. In tale occasione potei leggere e valutare una sua esercitazione scritta, riguardante la figura di un bravo parroco di Castel Guelfo dei secoli passati. Il lavoro era basato su personali ricerche di archivio, ed era anche ben condotto: ma si presentava nelle forme più dimesse, scritto su fogli di recupero e senza alcuna preoccupazione di far “bella figura” con l’eleganza della presentazione…
una cosa che mi sconcertava alquanto, agli inizi, era il vedere che Don Luciano non seguiva un riconoscibile criterio di rifiuto: non si procurava testi di rivelazioni private sulle quali noi mostravamo dubbi piuttosto forti, comprava anche libri religiosi non cristiani. Vidi così nella sua biblioteca, per esempio, l’intera collezione dei volumi “I grandi classici dell’India” pubblicata dai cosiddetti “arancioni”, seguaci di “Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada, fondatore dell’associazione internazionale per la “Coscienza di Krishan” (opra sono nella biblioteca del Seminario regionale di bologna).
Probabilmente l’acquisto rientrava nella categoria di quelli compiuti per spiriti di solidarietà con giovani che venivano a proporglieli “si sono accontentati di poco” mi diceva. Ma poi dimostrava di aver letto almeno in parte anche quei libri perché aggiungeva “sai, si trova qualcosa di buono anche in loro!..”
Il solito Don Luciano!…era capace di vedere il bene dovunque si trovasse, perché il suo occhio era puro. Ma non in modo da lasciarsi influenzare da dottrine od idee inconciliabili con la fede cristiana. Anche in opere che passavano per interessanti e andavano di moda secondi il gusto del tempo, egli sapeva avvertire subito ciò che non andava: e lo mostrava non criticando o giudicando, ma quasi sorvolandoci sopra, mostrando che non ci si doveva fare gran caso. Mi viene in mente una frase di San Paolo, che può servirci per comprendere bene la figura ed il comportamento di don Luciano di fronte alle idee che circolavano nel mondo in cui viviamo: “esaminate ogni cosa tenete ciò che è buono astenetevi da ogni specie di male” (Ts 5,21)
È seguendo questa regola che Don Luciano si era formata una “sua” cultura, non fatta per la scuola coi suoi sistemi e le sue distinzioni, per l’arricchimento dello spirito. Penso che ciò possa spiegarci la straordinaria ricchezza spirituale di Don Luciano, per cui egli poteva formare idee-luce ed idee-forza alle più diverse qualità di persone, dalla povera contadina, ai sacerdoti, ai vescovi, ai cardinali. Infatti tutto quello che egli aveva assimilato nelle sue meditazioni, nei suoi studi, non serviva ad alimentare una “scienza che gonfia” ma una “carità che edifica” (cp1 Co 8,1) : una ricca vista interiore, per cui egli aveva sempre qualcosa di spirituale da donare a chi lo avvicinava. »
Omelia nel 7° anno della morte
25/04/94
Don Vittorio Grandi