( Conferenza tenuta ai soci della Unione Servo di Dio Giuseppe Codicè il 26/01/2002 )
« …don Luciano Sarti ha avuto un ruolo decisivo nella storia della mia vocazione sacerdotale… Dei due mi è sicuramente più facile parlare di don Luciano, perché ho avuto la grande grazia e la gioia di averlo incontrato fin da quando io ero piccolo ed è stata una delle presenze più significative della mia vita: a lui soprattutto devo il sorgere della mia vocazione al sacerdozio e a lui ho sempre fatto riferimento nella mia vita di sacerdote… Ricordare oggi il Servo di Dio, ricordare don Luciano, vuol dire chiederci come essi (i santi) possono aiutarci a “prendere il largo”, a camminare verso la santità, a vivere la misura alta della vita cristiana…
La contemplazione del volto di Gesù è il primo passo verso la santità…
Don Luciano contemplatore del volto di Gesù
Tra i tanti aspetti che potremmo mettere in rilievo della testimonianza di don Luciano, penso si possa cogliere proprio questa esemplarità: don Luciano è stato un contemplatore del volto di Gesù…
Una contemplazione che nasceva dalla preghiera
La preghiera è sicuramente un tratto caratteristico di don Luciano, e una delle cose che fin dall’inizio mi colpì di don Luciano fu la sua preghiera. Don Luciano lo si trovava spesso in chiesa, per tante ore, quasi sempre in ginocchio davanti al Tabernacolo, sotto lo sguardo della sua Madonnina, con in mano un grande rosario o il breviario gonfio di santini, immagini di volti, quasi a voler esprimere anche visibilmente l’universalità della sua preghiera e l’attenzione a tutti coloro che si raccomandavano a lui. Era la preghiera del grande intercessore presso Dio. Per don Luciano il tempo della preghiera non aveva orario, era tempo di grande intensità. Chissà quante volte passava anche la notte in preghiera. E’ testimoniato che sicuramente questo avveniva nel giovedì santo, dopo giornate intere trascorse ad ascoltare de confessioni dei numerosissimi penitenti che andavano da lui.
Una contemplazione che trasfigurava il suo volto, trasformava il suo cuore, il suo stile Per don Luciano si può ben dire quello che successe a Mosè: dopo essere stato davanti a Dio il suo volto era luminoso (Es 34,29), il suo volto era il riflesso di quello del Signore. E’ qui la sorgente della sua gioia interiore, del suo sguardo che esprimeva e infondeva fiducia, del suo tratto sempre molto delicato e attento, del suo cuore aperto a tutti, ricco di bontà e di misericordia, capace di prendere su di sé le preoccupazioni delle persone, di fare penitenza per chi aveva più bisogno di conversione. Bastava vedere come celebrava la Messa. La mia vocazione è nata proprio lì, attorno all’altare, servendo la Messa a don Luciano. Grande era la cura che aveva per le cose del Signore, nel parlarne e nel trattarle. Un segno di questo era anche l’attenzione per i chierichetti, i ministranti, come si dice oggi, che sono sempre stati uno stuolo attorno a don Luciano. Era espressione dell’amore di Gesù per i piccoli ed era la consapevolezza di essere di fronte ad un grande mistero che non poteva essere banalizzato o improvvisato, ma celebrato con solennità e dignità. Quante prove ci faceva fare! Penso che stesse proprio in questa comunione, familiarità con il Signore il segreto della sua capacità di accogliere tante persone, di essere cercato da tanti, di riuscire a toccare tanti cuori anche lontani. Quando non era in chiesa era nello studio ad ascoltare le persone, o in confessionale. E gli incontri con lui, le sue parole sapevano infondere speranza, serenità. Quanto c’è bisogno oggi di dare speranza, di risvegliare le ragioni della speranza! I nostri vescovi ci ricordano che questo deve essere una delle priorità della missione della Chiesa…
Una contemplazione che diventava desiderio di imitazione del Signore
Si diventa ciò che si contempla. Come questo è vero per don Luciano!. Nei suoi appunti di meditazione ripete tante volte il desiderio, la volontà di assomigliare a Gesù, di fare propri i suoi sentimenti: “Con l’aiuto del Signore voglio diventare santo”, “Infondi Gesù nel mio cuore la tua carità”, “Dammi Signore il tuo amore per la tua povertà”, “Prego Gesù che mi dia il desiderio e la volontà del distacco dal possesso dei beni, perché anche Lui ha fatto così”. Questo invito all’imitazione di Gesù ricordo che era una delle esortazioni più frequenti nei dialoghi personali: guardare Gesù, imitare Gesù come hanno fatto i santi, che spesso citava e indicava come esempio.
Una contemplazione “missionaria” dagli orizzonti grandi
Ha scritto il Papa: “ La nostra testimonianza sarebbe insopportabile e povera se prima non fossimo noi contemplatori”, povera di contenuti, povera di efficacia… Don Luciano non ha fatto grandi viaggi, ma il suo cuore era aperto al mondo intero, sapeva leggere negli avvenimenti di cui non nascondeva la drammaticità, l’ansia, l’attesa, il bisogno del Signore. Ricordo con quanto entusiasmo mi parlava della missione della Chiesa nel mondo di oggi, delle potenzialità di bene che ci sono e che ci attendono, della forza del bene. Tutto ciò mi dava fiducia, speranza e mi faceva apprezzare ancora di più il ministero sacerdotale. Veramente le sue parole volte più ma cogliere le potenzialità del presente e del futuro che a considerare con nostalgia i tempi passati mi facevano venire in mente le parole di Gesù ai discepoli: “Guardate le messi che biondeggiano già per la mietitura” (Gv 4, 35). Sicuramente anche nel mondo di oggi, pur in mezzo a tante ombre, le messi biondeggiano. E don Luciano le sapeva vedere, perché sapeva guardare il mondo dall’angolatura giusta: guardava il Signore e guardava le persone, il mondo con gli occhi e il cuore di Dio. Se noi non riusciamo a vedere questi segni positivi, forse è perché i nostri occhi e il nostro cuore non sono sufficientemente illuminati.
Veramente don Luciano ha saputo parlare del Signore, ha saputo farlo vedere e farlo incontrare con la dolcezza del suo volto, con la larghezza del suo cuore, con la delicatezza del suo tratto; da uomo di Dio qual era è stato trasparenza del Signore, proprio perché prima di tutto ne era stato il contemplatore. Questo mi sembra una testimonianza particolarmente significativa e illuminante che don Luciano ci ha lasciato come tesoro prezioso per ciascuno di noi e per le nostre comunità chiamate ad una nuova evangelizzazione. »
Castel San Pietro
26 gennaio 2002
Don Gino Strazzari