Dovremmo essere capaci di stare di fronte a don Luciano e al Santuario con uno sguardo profondo, che vada al di là dei fatti e colga l’intimo dell’uomo santo. Don Luciano stesso parlando di Santa Clelia dice alle suore sue consorelle di stare attente a distinguere la santità di Clelia dai modi in cui ha vissuto: “Le persone possono indossare un vestito secondo la stagione e secondo la moda del loro tempo, ma quello che conta è la persona che l’indossa. Per le anime sante tutto diventa grande, tutto diventa bello”.
Più che mai questo vale anche per don Luciano. La sua grandezza e santità, assolutamente attuale, come sappiamo, non sta nelle opere che ha fatto (pur meravigliose…) ma sta nella persona che lui è.
E chi è don Luciano? Noi lo definiamo con tanti aggettivi: “buono” è quello che usiamo più spesso… ma forse potremmo avvicinare la parola “buono” ad un’altra che troviamo nel vangelo: come Maria, che lui ha sempre amato ed invocato, anche don Luciano è così prezioso perché è un uomo umile.
L’umiltà è dipendere da Dio e dagli altri, riconoscendo che non ci si salva da soli, non si conosce la verità ultima delle cose se non perché Dio ti viene vicino, è fedele e ti fa affrontare la vita anche nella fragilità perché di Lui ti puoi fidare.
L’umile è abitato da Dio, come Maria. Dice il Signore nel profeta Isaia: “Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi trema alla mia parola.” L’esperienza che abbiamo fatto stando con don Luciano è quella di essere alla presenza del Signore, come se lui fosse trasparente al Suo Signore.
Il sacramento della Riconciliazione
Il “fiuto” (direbbe Papa Francesco) del Popolo di Dio ha riconosciuto in don Luciano un prete capace di celebrare il sacramento della riconciliazione, uno adatto a “confessare”: veniva cerato continuamente per questo ministero.
Perché? La fede della Chiesa ci insegna che il prete quando celebra il sacramento della Confessione rappresenta il Cristo. Dice l’apostolo Paolo nella seconda lettera ai Corinti: “… In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. (5,18-20)
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Qui confessò don Luciano Sarti dal 1939 al 1987
Don Luciano è stato questo ambasciatore che rappresenta in tutto il suo Signore: nella mitezza, nell’accoglienza, nella disponibilità, nel dono (del tempo!).
Riporta un testimone anonimo: “ti sorprendeva col suo dolcissimo, ineguagliabile sorriso, che non era quello di un giudice che vuole ascoltarti per pronunciare la sua sentenza, e neppure quello di chi era stato inaspettatamente sottratto ai suoi impegni, ma quello di un amico che accoglie con gioia una persona che gli è tanto cara. E non era un volto di circostanza, avvertivi subito che egli veramente ti voleva bene, e dentro di te ti chiedevi perché mai dimostrasse per te tanta amicizia che non sentivi di aver meritato.” Se la Confessione è incontro con il Cristo… il confessore dà carne al suo Signore oggi! Per questo don Luciano scrive nel suo diario questa preghiera: “Ti chiedo un altro favore o mio Dio. Io confesso. Molte anime avvicino, dammi di essere strumento della tua grazia che vuole davvero il bene di quelle anime, cioè la loro sincera conversione.” A noi preti don Luciano ricorda l’importanza dell’umiltà che rende trasparenti al Signore. Prima di ogni altra cosa!
Don Luciano ti dava la certezza di capire il cammino che ti aveva portato al male e il cammino che ti aveva portato al pentimento. Sembrava a disagio di fronte al senso di vergogna che il penitente poteva provare nel confessarsi e tutto faceva per consolarti….
Scrive don Luciano ripensando il suo ministero di confessore: “Le anime si salvano più per la via del cuore che dell’intelligenza. Quanto è necessario essere mansueti, e di carattere dolce con tutti, anche coi più umili, per conquistare le anime bisogna farsi amare. Specialmente in confessionale. E per stare lunghe ore nel confessionale, quale padronanza di sé ci vuole. Quante anime tacciono peccati per paura di essere sgridate.”
La grande cura che don Luciano ha messo per questo sacramento, nasce dalla sua convinzione che nella confessione non troviamo solo la nostra purificazione, ma soprattutto la vicinanza del Signore, il suo amore: “Spesso si rimanda la Confessione perché non si trova il Confessore o perché sono sempre le stesse mancanze. In questa difficoltà c’è un sottile orgoglio. La realtà è un’altra. Tutto il nostro essere ha bisogno di perdono. Anzi proprio per questo si sente sempre più il bisogno di confessarsi. Il bisogno di sentire il perdono di Dio. Dare a Dio la gioia di perdonarci – e provare anche noi la gioia che Dio è vicino a noi, che è morto per darci il Perdono. Quando ci confessiamo dovremmo dire: “Grazie o Signore che mi perdoni sempre.”
In questo incontro ci si ritrova figli e tutta la bellezza del Battesimo si rinnova. Da don Luciano abbiamo imparato che se pure è vero che i peccati sono roba nostra, fatta da noi… il peccato è sempre qualcosa di estraneo a noi: “Cos’è il peccato, come è possibile? Come poter comprendere questo misterium iniquitatis, questo mistero di iniquità? Perché se è un mistero Dio, è un mistero anche il peccato che è nel mondo.” Il Peccato è una potenza che agisce contro al dono di Dio e tutta la tenerezza di don Luciano verso il peccatore nasce dalla certezza, che, in fondo, il Peccato quasi non “appartiene” al peccatore. Il peccatore rimane sempre uno la cui verità è il suo esser Figlio di Dio e così va guardato. Il peccato gli è estraneo, anche se lui stesso lo ha scelto. Va rimosso per tornare alla Verità di sé!
“Il sacramento della confessione è un dono grande di Dio, perché rinnova in noi la vita divina che è stata smarrita, perduta col peccato. Contiene in sé una luminosa grazia di perdono, la certezza assoluta del perdono di Dio, come se Gesù stesso dicesse, come diceva: “Va’ in pace perché i tuoi peccati ti sono perdonati”. Lo dice a ciascun uomo, anche al più grande peccatore che ci possa essere lo dice a ciascuno di noi, e questo dà una pace profonda al nostro cuore, perché ricrea la giustizia, la santità e la bellezza della nostra anima aperta per conoscere, per vedere Lui.”