Era nato nel comune di Budrio il 15.12.1910. Morì all’ospedale di Castel San Pietro il 25 aprile 1987, festa di San Marco Evangelista, vigilia della Domenica in Albis. Il fatto che Egli sia stato il Confessore di due Arcivescovi di Bologna, i Cardinali Lercaro e Poma, non sarebbe sufficiente alla straordinarietà del suo valore spirituale, ma ne è una conferma autorevole dall’esterno.
Il primo contatto “de visu” del Sacerdote esemplare fu nel Seminario Arcivescovile di Bologna nell’ante guerra 40-45, Allorché don Luciano Sarti era stato incaricato dall’allora Arcivescovo Nasalli Rocca di ven memoria (+1952) – sicuro delle capacità e delle virtù esemplari del giovane neo professore di lettere in ginnasio – di insegnare ai piccoli leviti del nuovo (allora) Seminario Arcivescovile della Villa Revedin a San Michele in Bosco. Per la sua illimitata disponibilità al servizio della Diocesi in quel delicato settore della formazione dei futuri sacerdoti, gli fu dato un orario pesantissimo di lezioni. Egli tacque e funse con estrema diligenza e puntualità da didatta e pedagogo dei seminaristi miei coetanei, ma non miei condiscepoli, perché io ero nella classe di Mons Enea Carati. Da loro don Luciano era stimato, amato, obbedito, venerato. Moderato e prudente, seppe conquistare la loro spontanea, convinta e contenta obbedienza. Ma da quegli anni di troppo gravame didattico (mi pare di ricordare oltre 25 ore settimanali) fu ridotto allo stremo delle sue risorse: la vociferazione continua, o quasi, danneggiò le sue vie respiratorie.Affermava Mons Cesare Sarti, Padre Spirituale dello stesso seminario: “ Se don Luciano fosse morto, non sarebbe morto, ma l’avrebbero ucciso”
UNA TITANICA PERSONALITA’…
Quanto formava l’oggetto della stima illimitata di lui e argomento di forte venerazione era l’apparente contrasto tra un fisico statuario (si direbbe atletico) e la umile compostezza, i toni moderati e soavi l’equilibrato muoversi, parlare, atteggiarsi di un Sacerdote che, sembra strano, non fu mai giovane, neppure tre i 25 ei 35 anni, tanto matura e assennata era la sua maniera di essere, di presentarsi. Fu presto inarcato di spalle, ma fu vecchio anche prima, vecchio nel senso più nobile e invidiabile (se l’invidia fosse cristiana).La sua altissima formazione spirituale, meglio ancora, la sua concentrazione in Dio e nel soprannaturale lo foggiarono presbitero ancora tanto giovane. Anche a pranzo aveva la solennità conferita dalla consuetudine di pensieri sublimi. Benché figlio del popolo, oserei dire che spirava dalla sua bontà, quam maxime,una aristocratica perfezione di essere. Lo vidi pregare nella cappella del Seminario Arcivescovile con una concentrazione umile, spontanea, dimessa nelle forme, ma assorbita in Dio, da pensare ad una estasi.
…VELATA DI MESCHINITA’
Eppure era parco di tutto ciò che approvvigionava: i suoi equipaggiamenti per vivere anche nella Canonichetta del Santuario del Poggio, documentavano la “ Apostolica vivendi forma” di cui era capace, convinto e contento. Di là il coraggio eroico di affrontare i disagi ( tre anni or sono assalito, malmenato e derubato di mezzo milione senza una sola recriminazione; ultimamente ben due viaggi di ultrasettantenne a Madjugoje in Iugoslavia, già malato cardiaco) Eroica fu la sua dolcezza di maniere, che proveniva da estrema fortezza interiore, saldezza delle sue virtù solidità del suo self-control con chiunque e dovunque: dolcezza da forza.
Nel novembre del 1986 fui l’ultima volta in visita, con una ultraquarantenne sposata (Anna regari in Di Sannio) e rimanemmo incantati dalla sua bontà, povertà nel freddo, raccoglimento nel santuario dove ci condusse a venerare la madonna del Poggio; mi regalò una fotografia del Card Mimmi e ci costrinse amorosamente ad accettare il dono di due bottiglie di vino in omaggiagli altri suoi e miei confratelli del santuario di San Luca.. Un umile gattino giaceva su una poltrona: era una scena da definire “i due innocenti”; solamente che quella di Mons Sarti era la impeccanza di un santo, non la fortunata impeccabilità di un essere che non può andare spontaneamente, coscientemente, immutabilmente contro Iddio e la Sua Legge. Così a Natale del 1986 Gli mandai un mio libretto sul Ven. Carlo card Odescalchi e sul card Marcello Mimmi nel XXV della morte, accompagnato da un sonetto classico sulla “sua” Madonnina del Poggio; ed Egli mi onorò del desiderio (che avrebbe attuato appena a lui possibile) di scolpire quelle parole (generative di pietà verso la Madre di Dio e Madre nostra) su di una lapide alla facciata del Santuario, ad invito per il passeggero d’una preghiera alla Teroriera del Cielo, sorridente anche al peccatore più ostinato. Ho appreso con grande dolore del Suo santo transito il sabato 25 IV c.a….ma un profumo di cielo spirava in quell’annuncio. L’incenso della Sua adorazione al Dio d’Amore ha fluttuato fra la terra e il Paradiso. Da umile suo estimatore e confratello in degnissimo faccio voti che sia traslata la sua venerabile Salma nel Santuario del Poggio, di dove spiccherà il volo nel giorno della resurrezione della carne. Che siano raccolte testimonianze della sua innocente stola battesimale e sacerdotale, che sia introdotto il regolare Processo Canonico Diocesano per il riconoscimento della santità di quest’uomo di Dio.
Quanto detto sopra è sotto giuramento; graviter onerata conscientia, uti solet Sancta Ecclesia requirere ex testibus.
Basilica di San Luca
12 agosto 1987
Don Giuliano Camerini