Ho conosciuto Don Luciano in occasione di un ufficio funebre a Sant’Antonio della Quaderna nel 1946 ed ebbi l’impressione di avere incontrato un sacerdote “mite ed umile di cuore”. Mt. 11,28
Lo incontrai per la seconda volta alla Casa del Clero di Bologna nel 1966 e lo vidi nella medesima immagine, in più di devoto della Madonna, di uomo di preghiera, di profonda unione con Dio, unione coltivata attraverso il cuore di Maria. Da allora sono state molte le volte che l’ho incontrato e porgendo il saluto non mancavo mai di raccomandarmi alla sua preghiera con queste parole: “Don Luciano, preghiamo insieme, così ne ho vantaggio io”. Alle quali parole Don Luciano si schermiva e mi diceva del birichino.
Poi cominciai a frequentare con amici e un gruppo di ragazzi il Santuario della Beata Vergine del Poggio del quale era Rettore e assieme abbiamo recitato tante corone, durante le quali egli, quasi sempre a capo chino, dava l’impressione di essere nascosto nel cuore della Madonna.
Come sacerdote malato avevo iniziato nel 1952 a partecipare al pellegrinaggio di Lourdes, organizzato dalla LEGA SACERDOTALE MARIANA di monsignor Luigi Novarese, fondatore del Centro Volontari della Sofferenza, che chiedeva ai malati di cambiare la loro identità da oggetto di compassione a soggetto di azione nella preghiera, nella santificazione del dolore, nell’opera di apostolato verso tutti i malati perché nelle mani di Maria Immacolata si riconoscano nella Chiesa membra attive per la salvezza del mondo.
Don Luciano cominciò a frequentare il pellegrinaggio di soli sacerdoti malati a Lourdes nel 1967 e credo che abbia partecipato fino all’ultimo anno della sua vita. Il pellegrinaggio era per don Luciano una occasione straordinaria per incontrarsi con la Madonna, con la Chiesa, con i confratelli presentando un’immagine di sacerdote affidato alla Madonna, di una vita che scorreva con Lei fatta di obbedienza di povertà di pazienza di mitezza di umiltà.
In lui, l’uomo quasi scompariva negli atti della giornata e quando si vedeva don Luciano si trovava in ginocchio, in preghiera, in cammino verso la Grotta, Esplanade, la basilica di San Pio X, le piscine, con le mani sempre occupate dal breviario, dal registratore, dai ricordi di Lourdes.
La stanchezza, la sofferenza, non esistevano, pure avendo piaghe alle gambe, per le quali un seminarista mi diceva che in tali condizioni non avrebbe potuto venire a lui, né fare quello che faceva. Dai pellegrinaggi posso raccontare questo episodio che ha del fioretto. Il pellegrinaggio dei preti malati era sempre posto in una data ai confini tra luglio e agosto. Giorni sempre caldi. Un anno a Bologna, faceva ancora più caldo, ma don Luciano, partendo, invece di indossare il soprabito leggero, indossò il cappotto invernale. Gli amici sorrisero del suo errore ma arrivati a Lourdes quell’anno trovammo un freddo eccezionale. Le carrozzine uscivano con le persone coperte da più panni. Ora sorrideva don Luciano ed era contento. Il treno del pellegrinaggio di ritorno da Lourdes si scioglieva a Genova, dove i pellegrini avevano la difficoltà di cambiare treno, cosa molto laboriosa a Genova. Avendo io il compito di guida del gruppo pellegrini di Bologna, sacerdoti, malati e accompagnatori, facevo del mio meglio perché tutto tornasse lieve e gradito. In un ritorno, vedendo che quell’ordine si inceppava, ebbi moti di impazienza… Don Luciano, poco lontano mi vide e mi mostrò chiara la sua disapprovazione. Caro don Luciano, avessi avuto la grazia di averti sempre vicino.
Racconto di un terzo fioretto.
Fu quando un gruppo di ragazzi di strada irruppe nel Santuario e volevano che don Luciano aprisse loro la cassaforte dove erano i tesori della Madonna, usando anche la mano forte con percosse a lui e a Vincenzino. Don Luciano allora provò con la chiave ad aprire la cassaforte ma essa si inceppò, così che aumentarono contumelie e botte, fino a quando non si accorsero che qualcuno arrivava e fuggirono. Il fioretto poi è questo: andato con l’amico Nobili Walter a fare visita a don Luciano e a Vincenzino ricoverati all’ospedale di Castel San Pietro, perché bisognosi di cure, posso dire che non ho mai trovato persona più sorridente e felice perché aveva ricevuto quelle botte per amore della Madonna, perdonando di cuore a quei “poverini”.
Ancora.
Nel 1981, dato inizio alla costruzione del Villaggio senza Barriere Pastor Angelicus, stavo pensando come avrei potuto mettere insieme una comunità di giovani per dirigere l’Opera che stava sorgendo. Era necessario darsi uno spirito, una via d’azione spirituale fondata sul Vangelo, una verità devozionale, che avesse come soggetto e modello di vita spirituale la Madonna Assunta in Cielo. Rivolsi a don Luciano la mia domanda e ora abbiamo messo insieme, da la bozza di vita spirituale da lui formulata e proposta in merito – le linee statutarie della comunità dell’Assunta voluta per il movimento Simpatia e Amicizia e per la direzione del Villaggio. Le linee di don Luciano sono rimaste a fondamento e via spirituale nella stesura delle linee statutarie della Associazione di fedeli Comunità dell’Assunta preparate da Don Nildo Pirani poi stese nel loro completo da Padre Alessandro Piscaglia, Vicario Episcopale per la vita consacrata a Bologna.
Un ultimo carissimo ricordo.
Uno dei soliti giorni andai con due amici per pregare la Madonna del Poggio. Recitammo la corona assieme a don Luciano poi chiesi a lui di poter ascoltare parole di esortazione in particolare sulla devozione alla Madonna Assunta in Cielo, che noi volevamo prendere come spirito e modello di vita della Comunità del Villaggio senza Barriere Pastor Angelicus.
Don luciano ci parlò in piedi, e i miei due amici in piedi vicino a don Luciano e io in carrozzina in mezzo a loro. Dichiaro di aver ascoltato un sacerdote che parlava ispirato alla Madonna, mentre i suoi occhi sembravano come penetrati da una luce nuova che dava al suo volto un immagine che aveva di trasfigurazione con un cuore che si vedeva al colmo della gioia. Don Luciano parlò a noi un tempo che ci parve breve della devozione alla Madonna Assunta in Cielo, assicurandoci l’amore materno e la protezione della Vergine. Nei saluti, alla fine, diventò il don Luciano di sempre, del quale tutti hanno goduto.
Casa del Clero
28 Gennaio 1994
Don Mario Campidor