Carissimo don Silvano, faccio seguito alla tua lettera per riportare la mia testimonianza su don Luciano, che non riguarda fatti eccezionali della sua vita, ma quella quotidianità del suo ministero sacerdotale che ho potuto constatare negli anni della mia permanenza a Castel San Pietro. L’ho potuto infatti conoscere più direttamente dall’ottobre1984 all’aprile 1987.
Mi ricordo soprattutto questo:
- la sua disponibilità a confessare: era diventato un po’ il mio confessore straordinario. Andavo a tutte le ore: nel primo pomeriggio, anche quando era ricoverato in Ospedale a Castello. Era sempre sempre disponibile;
- il suo accostarsi alla realtà, interpretandola nella fede: quando la Madonna veniva a Castello, celebrava la prima Messa all’Annunziata e durante la settimana si rendeva disponibile per le confessioni. Ma soprattutto era contento, e lo diceva esplicitamente, per ciò che la Madonna avrebbe operato a Castello;
- il suo distacco dal denaro e la sua bontà: un anno fu turlupinato da quegli slavi, che gli argentarono un turibolo e si fecero pagare vari milioni. Don Luciano diede loro un assegno, ma grazie all’intervento del maresciallo Coso non riuscirono a riscuoterlo;
- la sua attenzione ai problemi dei giovani e degli anziani: mi propose di fare una mappa dei luoghi in cui i giovani si ritrovavano a castello e all’ospedale, quando parlava degli ammalati, sembrava proprio ne vivesse i problemi in prima persona;
- le sue profezie: ne rivolse una anche a me, sul mio ministero sacerdotale.
Questo è quanto posso dire; ci sarebbero stati altri piccoli episodi, ma che non riguardano quella eroicità delle virtù, di cui è chiesta la testimonianza. Ho partecipato anche al suo funerale, che vide la partecipazione di moltissime persone, anche non praticanti.
Sant’Antonio della Quaderna
9 marzo 1994
don Stefano Guizzardi